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La teoria dei 6 sapori dell'Ayurveda

I sei sapori in ayurveda sono dolce, amaro, astringente, salato, acido e piccante. In ogni pasto dovrebbero essere presenti tutti i sei sapori.

Secondo l'Ayurveda ci sono sei sapori: dolce, amaro, Salato, acido piccante e astringente.

Secondo i veda in ogni pasto dovrebbero essere presenti tutti i sei sapori. Questo è necessario per poter mantenere un equilibrio e uno stato di benessere del corpo e della mente. Ogni sapore ha infatti un ruolo fondamentale per la nostra salute.

Ogni individuo assume dall’esterno aria, acqua e cibo: se queste 3 sostanze sono in linea con i nostri bisogni e di buona qualità noi manteniamo la salute, se invece la qualità è cattiva o pessima, come purtroppo succede sempre più spesso, noi rischiamo di andare verso una condizione di malattia.

Quando insorge la malattia se noi ci limitiamo a trattare la malattia con farmaci (che siano chimici o naturali) probabilmente il risultato sarà o parziale o comunque otterremo un risultato che non sarà duraturo.

Ogni volta che noi abbiamo una manifestazione patologica, dobbiamo sempre intervenire non solo sul trattamento della malattia ma dobbiamo anche necessariamente eliminare i fattori eziologici, alimentari, ambientali, ecc. che hanno creato questa situazione o che comunque l’alimentano: lo scopo di questo meccanismo di intervento nei confronti della salute è quello di ricercare l’apunarbhava, cioè il non ripetersi della malattia.

Eliminare i fattori ambientali è il 50% della terapia.

Ogni alimento può essere benefico ma non è detto che sia sempre e comunque benefico per tutti: in certe situazione un alimento considerato benefico può essere assolutamente controindicato per un determinato individuo, in una determinata stagione, in una determinata fase della vita.

L’alimentazione per essere una fonte di salute deve soddisfare alcuni aspetti, deve cioè essere in accordo con:

  • prakṛti (la costituzione individuale che ci portiamo dietro dalla nascita)
  • vikṛti (la condizione di sbilanciamento momentaneo)
  • kāla pariṇāma (le variazioni dei doṣa causate dalle stagioni, dagli andamenti climatici, anche dalle fasi della giornata; non è ragionevole mangiare le stesse cose all’alba o al tramonto es. yogurt)
  • età e sesso del soggetto
  • ambiente geografico in cui si vive (ad es. vivere in Sicilia o in Trentino fa una notevole differenza)
  • abitudini consolidate dell’individuo o di alcune popolazioni conseguenti a fattori culturali o fattori religiosi (alcune potrebbero apparentemente sembrare strane ma sono ormai talmente consolidate nell'uso corrente da diventare normali).

Tra queste la categoria più comprensibile e facile per la percezione dei nostri sensi è rasa, le altre sono per noi difficilmente apprezzabili, vanno molto al di là dei nostri sensi.

Per l’Āyurveda rasa è considerato l’essenza delle caratteristiche intrinseche degli alimenti (le caratteristiche intrinseche degli alimenti – guruvadiguṇa, mahābhūta, mahāguṇa - in qualche modo sono messe in contatto con i nostri sensi attraverso i sapori).

Rasa è il modo più immediato con cui l’individuo fa esperienza della qualità del cibo.

Al sapore l’ Āyurveda attribuisce una fondamentale importanza, soprattutto quando si tratta di sostanze alimentari. L’esperienza del gusto è un continuo contatto quotidiano che ognuno di noi ha con il mondo esterno.

Cosa succede quando introduciamo un alimento in bocca? Noi percepiamo il sapore con l’apporto congiunto di alcuni subdoṣa:

  • bodhaka kapha (che produce la saliva, ricca di ap (acqua)
  • mahābhūta e questo rende possibile la percezione del gusto, gusto che si realizza e si trasmette alla mente per mezzo del prāṇa vāyu che presiede al controllo degli stimoli percettivi di gusto, odore e calore del cibo (gusto e odore sono importanti ma è importante anche il calore del cibo).

Rasa è uno dei fattori importanti di cui dobbiamo tener conto quando vogliamo agire sui doṣa. Rasa influenza direttamente i doṣa ma anche i sensi, indriya, e la mente, manas. Rasa è il linguaggio semplificato e immediato con cui le sostanze, dravya, comunicano ai nostri sensi e alla nostra mente i loro costituenti mahābhūtici, le loro qualità, guṇa, e di conseguenza ci permettono di comprendere come potranno agire (il loro karma) sui nostri doṣa, sui nostri dhātu, sulla nostra mente e sui nostri sensi.

Gli alimenti nutrono il corpo e la mente dopo l'elaborazione che si realizza con l'attività di agni. Agni agisce sul corpo attraverso Pitta: all’interno del corpo Pitta è una sostanza grossolana (più grossolana di agni) che agisce principalmente quale contenitore di agni ma che avendo una consistenza più liquida (drava), più mobile (sara) e leggermente untuosa (sasnea) rispetto ad agni è in grado di fluire in ogni direzione nel corpo attraverso gli srotas e trasportare agni ai dhātu con l’indispensabile contributo di vāyu.

Dal punto di vista della scienza moderna il cibo nutre il corpo perché apporta macro e micro nutrienti (proteine, lipidi, carboidrati, vitamine, sali minerali, oligoelementi, ecc.).

L’ Āyurveda considera l’alimentazione sotto una prospettiva diversa (pur riconoscendo il punto di vista della scienza moderna). Ogni sostanza è costituita dalla combinazione di mahābhūta, che contengono i guṇa e tutto è reso possibile dalla presenza delle 3 qualità primarie (sattva, rajas e tamas); anche il corpo umano è costituito dagli stessi elementi primordiali che apportano guṇa, i quali con il loro equilibrio dinamico ed individuale dettato dalla prakṛti determinano la nostra struttura fisica e con l’apporto dei mahaguṇa determinano le caratteristiche mentali e le qualità della nostra coscienza.

I componenti più grossolani, più materiali dei mahābhūta nutrono doṣa, dhātu e mala, mentre l’essenza sottile dei mahābhūta, i tanmātra, nutrono i nostri sensi, indriya, e la nostra mente e le qualità della coscienza vengono influenzate dalla natura degli alimenti dal punto di vista dei triguṇa (sattva, rajas, tamas).

Le regole logiche che ci ispirano nella scelta degli alimenti sono le stesse che ci ispirano quando scegliamo le medicine, i farmaci. La differenza sta soprattutto nella profondità e nella velocità di azione: una sostanza alimentare non ha la velocità, la potenza e la forza e la capacità di penetrazione che hanno le sostanze medicinali, gli alimenti sono rasapradhana, mentre le sostanze medicinali sono vīryapradhana.

Gli antichi non classificavano gli alimenti dal punto di vista di proteine, lipidi, ecc, sia perché non possedevano gli strumenti per poter effettuare un'analisi di questo tipo ma anche perché non erano interessati ad indagarli più di tanto, perché non consideravano questi costituenti prioritari, consideravano più importante la conoscenza di sapori, attributi, ecc.

Conoscere il contenuto di nutrienti degli alimenti non è sufficiente a darmi informazioni utili per sapere che tipo d’azione avrà un determinato alimento sui nostri doṣa e quindi sulla nostra salute. Assumere un determinato quantitativo di proteine da formaggi o dalla carne di pollo o dalle lenticchie avrà un effetto sul Kapha completamente diverso, anche a parità di quantitativi; assumere una certa quantità di carboidrati sotto forma di zuccheri o di amidi fa una profonda differenza; assumere miele o melassa o zucchero fa una differenza enorme per quanto riguarda l'equilibrio dei doṣa.

Il vedere gli alimenti da un punto di vista un po' più diversificato come fa l’ Āyurveda ci consente di poter dare indicazioni utili per preservare o ripristinare la condizione di salute.

Un altro parametro moderno a dir poco discutibile è quello dell’apporto calorico; l’ Āyurveda ragiona in termini di nutrienti. Esiste una componente di tipo sottile, energetico-vibrazionale, che in qualche modo si perde con il tempo, con la conservazione, con le elaborazioni: noi dobbiamo cercare di consumare il più possibile alimenti vitali, perché questo prāṇa nutre la componente sottile del nostro corpo (noi non siamo solo materia: quando noi moriamo 1 millesimo di secondo prima e 1 millesimo di secondo dopo dal punto di vista analitico non c’è nessuna differenza, però c'è una bella differenza tra uno vivo e uno morto, questo dimostra che qualcosa che non è misurabile se ne è andato, se questo qualcosa esiste in qualche modo va nutrito, alimentato, sostenuto).

La qualità del nostro cibo, della nostra aria, della nostra acqua è fondamentale per un buon mantenimento della salute. Poi naturalmente anche altri fattori hanno sempre la loro importanza es. la qualità dei nostri pensieri, ecc.

Prendiamo adesso in considerazione l'alimentazione in relazione alle stagioni (ṛtucarya). L' Āyurveda divide l'anno in due grandi periodi: uttarāyaṇa o adāna kāla (che comprende inverno secco, primavera ed estate secca) e dakṣināyaṇa o visarga kāla (che comprende estate umida, autunno e prima parte dell'inverno).

Nel primo periodo, considerato il periodo di disidratazione, il sole diventa sempre più alto sull’orizzonte, ciò porta un maggior riscaldamento e quindi una perdita di vitalità da parte dell'organismo: il nostro organismo in estate ha una minore forza e progressivamente una diminuzione di agni.

In hemanta (15.11 – 15.01) le persone sono forti, l’agni del tratto digerente diventa forte, perché il calore del corpo è trattenuto dal freddo dell’atmosfera esterna, questo lo rafforza.Il metabolismo dei tessuti (dhātuagni) si attiva, aiutato dal Vāta del corpo, il metabolismo dei tessuti contenuto da Pitta e sotto la spinta di Vāta, mosso da Vāta, diventa più efficiente. Il corpo per sua natura quando fa freddo fuori per conservare il calore fa vasocostrizione periferica (anche in una condizione di squilibrio sarà sempre più forte che in estate) e questo è un meccanismo di conservazione che all’interno del corpo si manifesta come agni, come capacità metabolica, digestiva. In questa stagione le notti sono molto lunghe e le persone si svegliano al mattino affamate e gradiscono un’abbondante colazione (ciò vale cenando poco dopo il tramonto); sono utili i massaggi con olio, l'applicazione di impacchi caldi sul corpo, lavarsi con acqua calda, massaggi alla testa con olio, è consigliabile stare in stanze riscaldate, esporsi alla luce del sole che sta sorgendo, indossare abiti pesanti e di lana. Questo è il periodo in cui dobbiamo nutrire maggiormente il nostro corpo (è il momento in cui il nostro agni ce lo consente).

In śiṣira (15.1 – 15.3) il regime alimentare consigliato è abbastanza simile a quello di hemanta, soprattutto se la stagione si presenta particolarmente asciutta e secca (questi 2 mesi aprono il periodo di adāna kāla, di disidratazione), se invece il tempo è umido, piovoso e freddo ciò accentua il naturale aumento di Kapha per cui gioverà ridurre gli alimenti di sapore dolce (gli alimenti che sono untuosi, pesanti), non esagerare con cibi grassi ad es. latticini, bensì aumentare un po' gli alimenti di sapore astringente.

In vasanta (15.3 – 15.5) Kapha doṣa accumulatosi nel periodo precedente si liquefà con il caldo del sole primaverile (nei testi è paragonato alla neve che si scioglie con il sole della primavera) e si manifesta Kapha prakopa, aggravamento di Kapha, con raffreddori, manifestazioni allergiche (anche i fattori alimentari hanno la loro importanza, al di là dei fattori ambientali quali i pollini; se eliminiamo determinati alimenti che aggravano Kapha c’è un decorso molto meno acuto di queste problematiche). in questo periodo agni diminuisce nel tratto digerente, insorgono molti disturbi che richiedono trattamenti adatti per ridurre il Kapha doṣa ad es. trattamenti quali il vamana (vomito terapeutico), nasya (inalazione di polveri o sostanze oleose). È importante l’esercizio fisico (soprattutto per i soggetti che hanno tendenza a costituzione Kapha è consigliabile un intenso esercizio fisico), trattamenti con polveri tipo udvartana; sono consigliati alimenti facilmente digeribili, secchi, con pochi grassi, privilegiare i sapori piccante, amaro, astringente, ridurre il dolce, acido, salato e i cibi grassi e pesanti, molto utile è il consumo di orzo, farina di orzo (ha molte qualità simili a quelle del grano ma a differenza di quest'ultimo riduce Kapha), miele, carni di animali che vivono in terreni aridi o desertici ad es. capra, pollo, preferibilmente arrostite al fuoco, bere acqua e bevande calde, tisane di zenzero o comunque speziate, consumare zenzero regolarmente prima dei pasti. In questo periodo si possono utilizzare asava e arista e bevande alcooliche tipo idromiele (bevanda a bassa gradazione alcolica ottenuta facendo fermentare un misto di acqua e miele), consumare legumi, spezie e alimenti leggeri.

 

In grīṣma (15.5 – 15.7) i raggi del sole diventano sempre più caldi, ogni giorno più intensi, i testi dicono “con il loro potere distruttivo”, perché il sole è la base della vita ma il sole forte distrugge la vita. Kapha decresce progressivamente giorno dopo giorno e Vāta aumenta conseguentemente (Pitta viene alimentato ma non è ancora il suo momento critico, l'accumulo si ha nel periodo successivo). Gli alimenti salati, acidi, piccanti devono essere ridotti o evitati, devono essere preferiti alimenti dolci, leggeri, di facile digeribilità, freschi, liquidi, latte, ghee, riso. Evitare vino e alcoolici (meglio birra che vino, avendo una gradazione alcolica minore), al massimo, se questo fa parte delle abitudini dell’individuo, bere vino diluito con l’acqua (è riscaldante – in estate è controindicato - e anche astringente soprattutto quello rosso perché contiene tannini). Evitare l'esercizio fisico intenso, i rapporti sessuali, l'esposizione alla luce solare nelle ore più calde.

In varṣa (15.7 – 15.9) agni è debilitato da adāna kāla, periodo di disidratazione, è viziato dai doṣa, Vāta prakopa (aggravamento) e Pitta saṃcaya (accumulo), ciò provoca molti disturbi, quindi saranno utili tutti i mezzi per alleviare i doṣa così come le misure per aumentare agni. Dopo le terapie di purificazione vamana e virecana possono essere somministrati asthapana basti, clisteri medicati con decotti. Sono consigliati cibi preparati con cereali vecchi (si tratta di quelli che hanno più di 6 mesi dalla raccolta; per l’ Āyurveda quelli appena raccolti sono più pesanti per la digestione; la stagionatura conferisce caratteristiche diverse). Sono utili: riso, orzo, grano, farro, soia verde, miele, zucchero di canna, cibi untuosi (non secchi) e conditi, ghee, cibi facilmente digeribili, brodi di carne speziati (pepe nero, curcuma, zenzero), carni di animali che vivono in zone aride o desertiche (es. cammello o dromedario). I sapori predominanti dovrebbero essere l'acido e il salato.

In śarat (15.9 – 15.11) Pitta doṣa che si è accumulato nel corpo durante i mesi precedenti raggiunge la fase prakopa e quindi deve essere ridotto con ghee medicati es. tikta ghṛta e virecana. Il cibo deve essere amaro, dolce, astringente, di facile digestione, es. riso rosso (per l’ Āyurveda è considerato il miglior riso), i fagioli mung, soia verde, zucchero di canna, amla, carni di animali che vivono in zone aride o desertiche es. cammello, capra, capretto, (la carne di agnello è molto più grassa; le capre sono molto più selettive nel selezionare le erbe di cui si nutrono e difficilmente brucano a terra, difficilmente stanno nelle zone dove ristagna l'umidità). In questa stagione sono utili: ghee, orzo, grano, bevande fresche (non fredde). Evitare i grassi, gli olii, lo yogurt (aggrava Pitta, aggravando l'acidità)(è abhiṣyandī, ostruente, crea stasi, ristagno, assolutamente controindicato in primavera perché crea ancora di più congestioni mucose; l’ Āyurveda dice che non andrebbe mai mangiato dopo il tramonto, noi italiani non dobbiamo consumarlo in inverno e in primavera, meglio consumarlo nel periodo estivo al mattino, eventualmente possiamo utilizzarlo diluendolo con l'acqua per preparare il lassi da consumare come rinfrescante)(N.b.: contro la cellulite eliminare i latticini in generale e lo yogurt in particolare), le sostanze alcaline come rafano, ravanelli, daikon, i liquori (soprattutto quelli forti). Evitare il sonno diurno (per l’ Āyurveda il sonno diurno è sempre da evitare, tranne nel periodo del grande caldo, soprattutto se uno si alza presto al mattino, ma comunque limitandosi ad una piccolo sonnellino, meglio se in posizione seduta; il sonno diurno disturba l’assimilazione, la digestione; il sonno diurno è ammesso solo per i bambini piccoli, gli anziani e le persone ammalate; dopo i pasti l’ideale sarebbe fare 2 passi; nei paesi molto caldi le persone tendono a fare il riposo pomeridiano anche perché la temperatura esterna raggiunge valori particolarmente elevati)(il sonno diurno disturba il metabolismo, crea problemi di assimilazione, deprime agni, predispone a malattie metaboliche).

Ricapitolando

Nella stagione Kapha (Kapha sancaya e Kapha prakopa) soprattutto quando Kapha si aggrava (15.1 – 15.5) (all’inizio noi non avremo necessità di fare le stesse cose che facciamo in primavera, le cose vanno graduate nel tempo, spostandoci pian piano in un’altra direzione) scegliere soprattutto nella seconda fase una dieta leggera e abbastanza asciutta; evitare i latticini, specialmente i formaggi, lo yogurt, i gelati (sono alimenti che creano stagnazione di muco); prediligere cibi caldi e liquidi, nella seconda parte gli alimenti devono essere amari, piccanti e astringenti; nella prima parte dell’inverno possiamo concederci alimenti nutrienti e un po’ più pesanti per la digestione perché la capacità digestiva è ancora sufficientemente buona, poi diminuisce quindi gradatamente dovremo ridurre i sapori dolci, acidi e salati, es. latte bollito con cardamomo, oppure aggiungere curcuma (la banana è astringente e aggrava Kapha).

Nella fase di Pitta sanchaya e Pitta prakopa (15.7 – 15.11) si ha un accumulo e un aggravamento di Pitta e agni è in fase calante (dobbiamo tener conto di questi fattori). A volte capita di aver meno appetito, se capita questa sensazione dobbiamo assecondarla, perché mangiare troppo in estate è ancora peggio che mangiare troppo in inverno Preferire bevande fresche ma non ghiacciate, con il caldo il corpo ha bisogno di maggior quantità di liquidi che però non devono essere freddi altrimenti si deprime agni (che già è in fase calante). Preferire i sapori dolce, amaro e astringente; ridurre acido, salato e piccante.

Nella fase di Vāta sanchaya e Vāta prakopa (15.5 - 15.9) si ha un accumulo e un aggravamento di Vāta, quindi vanno incrementati i sapori dolce, acido e salato. Quando si sovrappongono i due aspetti con Pitta dovremo preferire il dolce (che allevia entrambi) anziché il salato (sapore riscaldante che aggrava)(dovendo lavorare su Vāta dovremo comunque avere il buon senso di non far aggravare Pitta); bisogna ridurre l’amaro, l'astringente e il piccante, soprattutto nella fase prakopa, es. per chi assume solo una fonte proteica, i legumi (astringenti) bisogna mettere in atto tutti gli accorgimenti che diminuiscono gli effetti collaterali dei legumi, quindi l'uso di spezie es. aggiungere santoreggia, aglio, garam masala, curry, pepe, alloro, cumino; un altro accorgimento può essere quello di assumerli in forma liquida es. zuppe, passati, magari decorticati (sono più digeribili, inoltre l’azione aggravante è legata alle sostanze che sono contenute nella buccia; per le persone che hanno difficoltà con i legumi può essere utile una pre-bollitura con l'acqua dell'ammollo, in pratica appena comincia a bollire far bollire alcuni minuti poi buttare via l'acqua di cottura - la schiumetta che fuoriesce è quella che dà questo tipo di problemi, porta in soluzione le sostanze che causano questi problemi - rimettere altra acqua calda, aggiungere un pezzetto di alga kombu, un po' cumino, in questo modo si ha il meglio della qualità dei legumi riducendo gli effetti negativi su Vāta, gonfiori, fermentazioni, gas intestinali, ecc.)(ultimamente è frequente l’utilizzo di bicarbonato, che sembra faciliti la cottura, anche se non se ne capisce la funzione perché il bicarbonato apporta sali).

Molte informazioni che circolano in merito all’alimentazione spesso non hanno grandi sostegni né dal punto di vista scientifico né dal punto di vista tradizionale, ma sono solo sedimentazioni di luoghi comuni. Basta pensare ad es. a quante cose vengono dette alle donne in gravidanza e durante l'allattamento. Ad es. vengono sconsigliati tanti sapori. In gravidanza e durante l’allattamento è bene mangiare alimenti contenenti tutti i sapori e che la mamma si alimenti in modo sano e il più variato possibile.

Riguardo all'alimentazione in gravidanza è bene evitare il più possibile alimenti fritti, alimenti pesanti da digerire, l'eccesso di piccante, regolarsi con la quantità, controllare la quantità dei cibi aggravanti Pitta per non avere problemi in gravidanza e durante l'allattamento, evitare i cibi spazzatura (che comunque dovrebbero essere evitati sempre), rispettare ancor più le indicazioni date stagione per stagione, la costituzione, le variazioni climatiche, evitare l’eccesso di legumi per evitare gonfiori, fermentazioni, attuare le pratiche del buon senso, consumare il più possibile le sostanze swasthana o swasthahita, che non sbilanciano i doṣa e che l’ Āyurveda le definisce “le migliori per...”, le più benefiche per la salute, che hanno affinità con lo stato di salute del corpo e che, avendo la tendenza e la capacità di accrescere o diminuire i doṣa ma non viziandoli nelle persone sane, mantengono e promuovono la salute (es. riso, grano, orzo, carni di animali che vivono in luoghi asciutti o aridi, ravanelli teneri, zucchero, ghee, acqua piovana, miele, latte, salgemma, Harītakī, Āmalakī, ecc.